Dall'introduzione di "Altri fili invisibili della natura"

….In questo libro però c’è qualcosa in più rispetto al precedente: ci siete voi. Tutti i ragazzi e le ragazze che ho incontrato durante le presentazioni in giro per l’Italia e la Germania.

Di festival in festival e di libreria in libreria ho visto sorrisi, mani alzate e ho ascoltato mille domande sugli stercorari, sui merluzzi, sulle rane d’oro e sugli altri animali del primo libro. Tra tutte le questioni che mi avete posto una è rimasta dentro di me e da tempo ronza nel mio cervello: “cosa ti spinge a scrivere e a raccontare storie”?

Sono diverse, in realtà, le motivazioni. Da una parte vorrei rendervi partecipi del fatto che i fili della natura sono complessi ma, alle volte fragili e quindi vanno preservati. Dall’altra vorrei strapparvi un sorriso e farvi osservare un bosco o un prato così come lo vedono i miei occhi e il mio cuore.

Ma c’è di più e si tratta di una motivazione molto personale: durante lo srotolarsi della mia vita – come in quella, credo, di molti altri - qualche filo degli eventi si è spezzato creando degli spazi vuoti. E’ questo il luogo solitario che cerco di riempire con le cose che amo: le parole, le storie e la bellezza della natura. Ecco dunque il motivo per cui scrivo ed ecco perché sono contento che questo libro vi sia capitato tra le mani. Ora vi lascio a lui, sperando che vi piaccia e che vi diverta leggerlo così come ha mi divertito scriverlo.

Altri Fili Invisibili della Natura

Un altro pezzetto di me ha preso il volo e dal 15 novembre lo troverete in tutte le librerie.

Il libro “Altri fili invisibili della natura” contiene quattordici storie che si srotolano tra le epoche e d capo all’altro del mondo. Tutte però raccontano un semplice ma straordinario fatto: gli organismi sono collegati gli uni con gli altri.

Quando le scrivevo pensavo alla domanda che tanti lettori mi hanno posto leggendo “i fili invisibili della natura” e che – quasi sicuramente - mi porranno quando avranno tra le mani questo nuovo libro: ma queste storie te le sei inventate vero?

Sappiate che io ho un’unica risposta: magari avere tutta questa fantasia! Le vicende che narro sembrano effettivamente uscite dalla mente di un drammaturgo geniale, eppure, sono tutte reali!

Ricordiamoci infatti che la realtà, spesso e volentieri, supera di gran lunga la nostra fantasia!

Ora attendo con emozione la fatidica data del 15 novembre ma, soprattutto, non vedo l’ora di iniziare il tour di presentazione che mi porterà da un capo all’altro dell’Italia per incontrare voi e le vostre domande sempre bellissime.

Buona lettura e  a prestissimo.

Gianumberto

 

 

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Breve storia di un raggio di sole

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Mentre pedalavo tra le montagne dell'Appennino Tosco Emiliano lo pensavo. Nella biblioteca del liceo Manzoni, lo scrivevo e, nelle notti in cui tutti dormivano, lo correggevo. Ora è qui di fronte a me e, ancora per poche ore, sarà solo mio.

Tra poco lo spedirò alla bravissima Arianna che lo correggerà e mi aiuterà a renderlo più chiaro e fruibile. E poi, tra pochi mesi, sarà - spero - di tutti voi. Lui è "Breve storia di un raggio di sole" ed è il mio nuovo libro.

Le Capre Ragno

La seta del ragno è speciale sia perché è vischiosa, per intrappolare gli insetti, sia perché ha delle caratteristiche di resistenza paragonabili a quelle del miglior acciaio disponibile sul mercato. Per questo motivo sono ormai tanti anni che l’essere umano cerca un modo di copiarla per usarla nelle sue costruzioni. Alcuni ricercatori dell’Università dello Utah sono stati in grado di riprodurre quello che la natura inventò nella notte dei tempi. I ricercatori, mediante tecniche d’ingegneria genetica, hanno impiantato dei geni di ragno in alcune capre trasformandole in “capra-ragno”. Se vi immaginate delle capre volteggianti tra i grattacieli di New York siete decisamente fuori strada. Le capre ragno sono identiche alle capre normali: vivono nelle stalle, belano come le altre, mangiano il fieno e producono il latte. L’unica differenza con le capre normali consiste in una proteina contenuta nel latte: le capre ragno presentano nel latte la proteina costituiva della tela del ragno. Mediante un semplice procedimento fisico questa proteina viene estratta dal latte e combinata per produrre un fenomenale bio acciaio sette volte più resistente, più leggero e con una elasticità venti volte superiore al normale materiale. Come se non bastasse, il bio acciaio sopporta perfettamente temperature che variamo dai -20 ai 330 °C. Gli scienziati hanno già in mente come mettere in pratica questa rivoluzionaria scoperta. Alcuni la vorrebbero usare per costruire dei giubbotti antiproiettile di nuova generazione, altri le impiegherebbero nel campo biomedicale per ricostruire i tendini dei muscoli danneggiati, ma la stragrande maggioranza ha intenzione di sfruttare il bio acciaio per i ponti del futuro. Questi ponti futuribili saranno più leggeri, facili da costruire, ma soprattutto bellissimi perché si potranno vestire dei mille colori che la fantasia degli uomini è in grado di creare: sembra infatti che il bio acciaio abbia mantenuto la facilità, tipica della seta, di impregnarsi facilmente con dei pigmenti. Dall’atavica fame dei ragni si otterranno quindi delle squadre di lavoro formate da ingegneri e stilisti che insieme costruiranno i ponti su cui viaggerà spedito il nostro domani. 

Le mille stelle degli stercorari africani

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Il Natale si sta avvicinando con il suo carico di doni, festività, riunioni in famiglia e, ovviamente, tante stelle colorate.

Tra tutta la costellazione di animali che popolano il nostro pianeta, solo uno si rivolge, come noi, si rivolge alle stelle. Si tratta dello scarabeo stercorario, il tozzo coleottero che ha deciso di prendere tutte le sostanze necessarie alla sua vita dallo sterco dei grandi animali.

Normalmente, lo troviamo in faccende affaccendato in mezzo ai prati frequentati dalle mucche. In mezzo all’erba, questi insetti infaticabili, troveranno abbondante “materiale” da processare e da mangiare: con le loro zampette, essi lavorano lo sterco bovino fino ad fargli assumere una forma sferica e quindi lo trasportano lontano in un luogo caratterizzato dal terreno soffice. La pallina verrà interrata non prima di avergli deposto un uovo all’interno. Sottoterra, protetta dallo dote non proprio profumata lasciata dalla madre, una piccola larva mangia e diventa grande. Talmente grande che ad un certo punto si trasforma in un adulto: si scava una via verso l’esterno e inizia a fare quello che da milioni di anni fanno i suoi avi: mangiare la cacca dei grandi mammiferi.

Quando lo sterco nel prato aumenta, la popolazione di coleotteri cresce e perciò si attua la competizione alimentare. È questo il momento in cui la loro vita si trasforma e da pacifica si fa crudele: le lotte intestine e i furti di palline di cacca diventano la norma.

Questi problemi diventano enormi nella savana africana dove la quantità di sterco è davvero ingente. Mentre nei nostri prati, dove pascolano allegre, le mucche producono circa 25 chilogrammi al giorno di “materiale”, nella savana la situazione si fa insostenibile, perché qui si aggirano numerosi pachidermi. Un elefante infatti mangia circa 250 chilogrammi di erba con conseguente produzione di circa 50 chilogrammi di sterco, circa il doppio di quello emesso dalle mucche. Va da sé che la lotta che si consuma sotto il cielo tempestato di stelle della notte africana è ben più pesante e cruenta di quella combattuta nei pascoli nostrani. Per vincere questa terribile guerra di escrementi bisogna unire alla forza anche l’intelligenza. Questo è il motivo per cui solo gli stercorari che sanno trasportare la loro pallina seguendo una linea retta portano a termine il loro lavoro. Quelli che invece seguono tortuosa piena di curve consumano più energie e diventano prede di ladri di sterco. Ma come seguire una linea retta in mezzo alla savana? Questo è un problema talmente grande che soltanto il cielo può risolvere: viene in soccorso degli stercorari disegnando nel suo centro una grande striscia luminosa dritta come un fuso che prende il nome di Via Lattea.

E quindi, la nostra notte di natale è illuminata da milioni di stelle che si accendono e che si spengono mentre, nello stesso momento, milioni di stelle splendono nelle notte africana guidando una intera legione di stercorari dritti verso lameta. 

L'unione fa la forza...oscura

L'unione fa la forza... oscura

Nella savana africana esiste una vera e propria associazione a delinquere che ha, come obiettivo, quello di scassinare il deposito delle api per depredare l’oro zuccherino e liquido. La banda in questione è formata dall’uccello indicatore golanera (Indicator indicator) e dal tasso del miele o mellivora (Mellivora capensis).

L’uccello indicatore, lo scaltro, perlustra il territorio alla ricerca di un favo da depredare. Appena ne individua uno, emette dei lunghi fischi che richiamano il suo compare, il massiccio e coraggioso tasso del miele.

Appena la banda si riunisce inizia la loro attività truffaldina: l’uccello vola di ramo in ramo emettendo dei lunghi fischi e mostrando la coda bianca e nera al suo complice che non lo perde mai di vista. Quando giungono in prossimità del favo, il tasso affronta a mani nude le api inferocite. Questi insetti, ovviamente, lo pungono a tutto spiano ma lui non si preoccupa e continua a distruggere le cellette di cera con i grandi artigli. Egli infatti possiede una rara resistenza sia al veleno delle api ma anche a quello dei serpenti. Quando viene morso da un rettile mortale, il tasso se la cava con un dormita di due ore e, al risveglio, ritorna alla vita come se nulla fosse successo. Per questo motivo l'animale ha suscitato molto interesse nell'ambito medico che lo studia da tanti anni per sviluppare degli efficienti anticorpi e sieri antiveleno.

Come dicevano, mellivora distrugge il favo, scaccia le api, ruba il miele e lascia libero il campo all’uccello che chiude il cerchio mangiandosi tutte le larve del favo. Spesso e volentieri il delitto perfetto si complica con l’arrivo di un’altra specie che, al pari del tasso, è ghiotta di miele. Quando il silenzio della savana viene squarciato dall’inconfondibile fischio dell’uccello indicatore, alcuni individui della specie Homo sapiens sapiens iniziano a seguire il duo criminale.

Giunti sul luogo del crimine, il tasso fa cadere il nido, lo scoperchia, affronta la api inferocite e proprio mentre inizia a leccare la sua dolce ricompensa, il terzo incomodo fa la sua comparsa armato di bastoni con cui riesce, invariabilmente, a scacciarlo. Saranno quindi gli esseri umani a prelevare il miele dai favi e a lasciare le larve all’uccello indicatore.

 

I segreti della città d'oro

I segreti della città d'oro

I segreti nascosti nella città delle api hanno sfidato le menti di geniali matematici e affascinato quelle degli architetti. Le cellette esagonali del favo, per esempio, sono state un vero e proprio rompicapo: sono tutte uguali, l’angolo tra i lati è esattamente di 120 gradi e lo spessore delle pareti è precisamente di 0,07 millimetri. E non solo: l’esagono è la figura geometrica che a parità di volume occupato necessita di meno materiale costruttivo.